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PORTRAITS

Gérald Mazzalovo, l'ingegnere del lusso


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IL VERO LUSSO É IMMATERIALE

Laureato in ingegneria presso l’École Superieure de Chimie di Strasburgo, Gérald Mazzalovo è oggi uno dei maggiori esperti mondiali del settore del lusso. Insieme a Michel Chevalier è autore del libro Luxury Brand Management, edito da FrancoAngeli. L’«ingegnere del lusso» ha conseguito un master in Business Administration presso la Columbia University e ha cominciato la sua carriera lavorando per Salvatore Ferragamo. É stato consulente presso Arthur Andersen e ha assunto i ruoli di presidente e amministratore delegato presso numerose aziende del lusso, tra le quali anche Loewe, Bally e Clergerie. World and Pleasure lo ha incontrato a Milano per questa intervista.

Professor Mazzalovo, secondo lei che cosa è il lusso?
«Un fenomeno —ma anche un evento o un momento— sublimatore che trascende la vita quotidiana e che è sempre associato allo straordinario, all’unico, allo scarso e al “generatore di piacere”, legato al desiderio, all’insaziabilità e quindi anche fortemente alla mancanza. Solo nel mondo del consumo il lusso prende una connotazione legata a un prezzo elevato».

Si sta affermando la tendenza ad identificare oggi il concetto di lusso come un bene immateriale?
«Sì, la marca postmoderna si caratterizza per i benefici intangibili, gli immaginari, i mondi possibili che propone insieme all’oggetto materiale».

Quale è la chiave del successo di un bene di lusso?
«Ci sono troppi tipi di lusso e troppe industrie che lo producono. Non è pertanto possibile rispondere sinteticamente».

Nel campo dei luxury good si può parlare di oligopolio?
«Oggi non più. Il lusso è diventato “intermedio”, con un’offerta enorme e tante aziende che operano nel settore».

Quali sono i principali operatori?
«Nel business del lusso in genere si parla di tre grandi holding: LVMH, che svolge quasi la metà del business con le divisioni moda e pelletteria, includendo Louis Vuitton, Fendi, Givenchy e Bulgari, il Gruppo Richemont, secondo operatore più importante nei settori moda, gioielli e orologi, che include brand quali Cartier, Montblanc, Van Cleef & Arpels, e Kering, conosciuta in precedenza come Pinault-Printemps-Redoute PPR Gucci, che include brand quali YSL, Bottega Veneta e Balenciaga».

E quali sono le marche più importanti del settore?
«Una marca per essere considerata “forte” a livello mondiale deve avere vendite per almeno 300 milioni di euro. Le marche che soddisfano questi requisiti sono: Armani, Chanel, Dior, Estée Lauder e Lancôme —con oltre un miliardo di euro di vendite— seguite da Biotherm, Calvin Klein, Clinique, Gucci, Guerlain, Hugo Boss, Sisley e Yves Saint Laurent».

C’è un settore in cui prevale l’Italia?
«L’Italia è molto forte su prêt-à-porter, accessori, automobili e design».

Chi sono oggi i clienti del lusso?
«Quelli di sempre: il nato ricco (lusso autentico), il nuovo ricco (lusso ostentatorio) e il desideroso di vivere come i ricchi (lusso intermedio). Ma anche sulla parola “ricco” si potrebbe filosofare, perché la ricchezza non deve necessariamente essere misurata economicamente».

Esistono varie tipologie di lusso?
«Esistono 3 tipi di lusso: quello autentico (esperienza personale o collezionismo) in cui entra in gioco la valutazione personale del piacere generato dall’oggetto o dall’esperienza; il lusso ostentatorio in cui è fondamentale la visibilità sociale; e il lusso intermedio, legato a fattori socio-economici».

Che cosa è cambiato rispetto al passato?
«L’emergenza del lusso intermedio e la consuetudine di estrapolare semanticamente la parola “lusso” al numeroso, facilmente accessibile e visto dappertutto».

Si può parlare di una crisi per l’alta gamma?
«Sì, si può parlare di crisi ma solo su certi settori. La crisi sta accelerando un processo evolutivo già in moto che determinerà la scomparsa del lusso medio (masstige), toccando maggiormente la classe media. Il lusso autentico tenderà invece a mantenersi».

La crisi mondiale prospetterà un futuro all’insegna dell’austerity?
«Il lusso ostentatorio subirà un rallentamento temporaneo, perché non è politically correct esibire la ricchezza in tempi di crisi».

Quali sono le sue previsioni per il futuro?
«Il deleveraging combinato con la diminuzione del valore degli attivi immobiliari colpirà tutto il consumo. Nell’ambito dei beni di lusso, a soffrirne di più saranno gli accessori e il pret-a-porter».

Si va verso una nuova sobrietà o il superlusso continuerà ad attirare nuovi e vecchi consumatori?
«Molti non cambieranno modo di vivere, ma saranno più discreti. Non sarà più opportuno esporre una borsa da 20 mila euro in vetrina».

Secondo lei quale sarà l’evoluzione del consumo di lusso per il futuro?
«Il comparto degli alberghi e del turismo di lusso non dovrebbe soffrire troppo perché le persone tenderanno a mantenere il loro stile di vita. Anche il settore dei gioielli non dovrebbe risentire della crisi perché comunque il gioello rappresenta un bene di rifugio. Saranno stabili i grandi vini, ma si consumerà meno champagne, anche perché le vistose celebrazioni saranno fuori proposito. Colpite dalla crisi anche le automobili di lusso perché troppo vistose».

 

LUXURY BRAND MANAGEMENT
Quali sono le icone del lusso? Krug e Dom Perignon per lo champagne, Guerlain per i profumi, Hermès per la pelletteria, Armani e Valentino per il prêt-à-porter donna, Brioni per gli abiti da uomo e Van Cleef & Arpels per i gioielli. C’è solo un auto di lusso: la Rolls Royce. Certo è che il concetto di lusso è diventato così centrale nel consumo contemporaneo e nelle attività di comunicazione che ha generato un’intera letteratura di settore. Luxury Brand Management è però il primo libro che tratta in modo esaustivo la gestione delle marche di lusso, quantificando le dimensioni di diversi settori industriali: prêt-à-porter, profumi, cosmetici, orologi, gioielli, vini e alcolici. Gli autori, due noti esperti del settore, offrono un’ampia definizione del lusso e prendono in esame più di 450 marche note a livello internazionale: da Azzaro a Thierry Mugler, da Bulgari a Issey Miyake, da Davidoff a Kenzo.

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