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L'arte incontra la moda


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L’ARTE INCONTRA LA MODA

 

di Luisa Chiumenti

Da quando Coco Chanel creò i costumi del balletto Le train bleu per i Ballets Russes di Diaghilev, i più grandi stilisti sono diventati ricercati protagonisti del Teatro, dell’Opera e della Danza con le loro inconfondibili creazioni, sintesi di lusso, eleganza, lavorazioni preziose e fantasia creativa.

Così il lusso dei grandi stilisti «firma» anche le più importanti scene del teatro italiano. In un’interessante e reciproca contaminazione con l’Arte, la Moda si insinua in un variegato complesso di eccellenze artistiche. E in effetti l’alta moda é entrata nel Teatro già nell’Ottocento con lo stilista britannico Charles Frederick Worth e con quello francese Paul Poiret. E successivamente, nel 1924, con Coco Chanel che, su invito di Sergej Pavlovich Diaghilev, disegnava i costumi per Le Train Bleu di Jean Cocteau.

Ma anche le creazioni dei più grandi stilisti italiani per il Teatro, per l’Opera e per la Danza hanno da sempre mostrato capolavori attraverso i quali la Moda incontra il Teatro, evidenziando l’eccellenza italiana nel mondo. Ne è un esempio Missoni che nel 1983 si presentò al grande pubblico del Teatro alla Scala di Milano con 120 costumi disegnati per Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti.

Ed ecco le sorelle Fendi, che, con il loro grande amore per l’opera lirica, hanno presentato costumi molto particolari, con inserti di pelliccia, manicotti, mantelle. Tutta l’eleganza delle Fendi viene esibita in numerose produzioni, da Giuseppe Verdi a Giacomo Puccini, da Mozart a Bizet, con una continuità senza pari. Uno dei vertici teatrali è rappresentato dal manto in pelliccia rosa color cipria, realizzato nel 1984 e indossato da Raina Kabaivanska per La Traviata di Giuseppe Verdi firmata da Mauro Bolognini all’Arena Sferisterio di Macerata. L’impegno operistico più articolato delle Fendi è però rappresentato dai 63 costumi realizzati per la Carmen di Bizet all’Arena di Verona nel 1986, con la regia di Pier Luigi Pizzi, in una rilettura di forte impatto cromatico e di sorprendente modernità.

E come non rimanere incantati davanti ad alcuni costumi di scena realizzati da Gianni Versace, che già all’inizio della sua carriera si appassiona alla creazione di costumi teatrali, un’attività che continuerà assiduamente di pari passo con l’elaborazione delle sue numerose collezioni. Per il Capriccio di Strauss, andato in scena negli Stati Uniti al San Francisco Opera House e a Londra al Royal Opera House nel 1990, l’abito creato per il soprano neozelandese di origini maori Dame Kiri Te Kanawa, interprete della Contessa, è meraviglioso, interamente ricamato con cristalli policromi che formano motivi geometrici ispirati alle grafiche della pittrice ucraina Sonia Terk Delaunay. Così come è inconfondibile l’abito firmato Gianni Versace ricamato per la ballerina Luciana Savignano interprete di Eva Peron nel balletto Patrice Chéreau (devenue danseur) règle la rencontre de Mishima et d’Eva Peron di Maurice Béjart, presentato al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles nel 1988.

Poi ancora Roberto Capucci che ha debuttato con il suo lavoro per il Teatro nel 1986 sulla scena operistica dell’Arena di Verona, con i suoi 500 metri di taffetas bianco, argento e ghiaccio, utilizzati per i 12 costumi delle vestali in sfilata solenne sulle note di Casta Diva: un omaggio a Maria Callas. Da allora la teatralità delle creazioni di Capucci diventa un segno imprescindibile delle primedonne del belcanto che indossano i suoi abiti in occasione di importanti recital. Abiti plasmati sul carattere delle interpreti, sul loro repertorio e sui loro atteggiamenti in scena: dall’eleganza dell’attrice-cantante Raina Kabaivanska, alla soavità della purezza vocale di Katia Ricciarelli.

Nel 2002 vengono presentati al Teatro San Carlo di Napoli due costumi realizzati per il Capriccio di Strauss con le scene di Arnaldo Pomodoro. Il soprano statunitense June Anderson indossa nel primo atto un costume in taffetas plissé in nove toni di rosso e nel secondo atto un costume-manto in taffetas e lamé in nove sfumature dal giallo, al beige, all’oro. È questo uno dei rari casi in cui moda, teatro, arte e musica si fondono magistralmente e naturalmente viene messa in scena la capacità espressiva e comunicativa dell’abito-costume che, attraverso l’eloquenza delle stoffe, descrive un carattere, suggerisce e costruisce un personaggio femminile capace di essere unico.

Giorgio Armani si é impegnato come costumista teatrale nel 1980. Per il soprano californiano Janis Martin in Erwartung di Arnold Schönberg al Teatro alla Scala, Armani disegna un abito-tunica bianco, segno luminoso in una scena buia e spoglia. Negli impegni teatrali successivi lo stilista lavora come puro creatore di moda, con adattamenti cromatici dei suoi abiti alle scene. Segni della sua produzione si trovano nell’Elektra di Richard Strauss al Teatro alla Scala nel 1994, in Les Contes d’Hoffmann di Offenbach sempre al Teatro alla Scala nel 1995, nel Rigoletto di Verdi con la regia del cineasta australiano Bruce Beresford alla Los Angeles Opera nel 2000 e, soprattutto, nel Così fan Tutte di Mozart, presentata il 18 gennaio 1995 alla Royal Opera House Covent Garden di Londra e il mese seguente all’Opera di Roma.

La produzione teatrale di Armani trova tuttavia il suo terreno d’elezione nella danza e nel musical come è ben dimostrato dai costumi per Bernstein Dances di John Neumeier, per Tosca Amore Disperato di Lucio Dalla, liberamente ispirata all’opera di Giacomo Puccini e, soprattutto, dalla spettacolare bata de cola indossata da Joaquín Cortés in Joaquín Cortés Show nel 2002.

Di grande fascino, con le atmosfere liberty che evocano, i costumi di Enrico Coveri per Il Grande Gatsby, capolavoro di Francis Scott Fitzgerald in scena nel 2000 al Teatro alla Scala con la coreografia del grande francese di origine russa André Prokovsky. Così come sono indimenticabili gli abiti di Valentino per l’opera contemporanea The Dream of Valentino presentata nel 1994 a The John F. Kennedy Center di Washington. Se anche si tratta di abiti pensati per il Teatro, é sorprendente ammirarne l’assoluta modernità, forse perché il lusso, sempre sinonimo di bellezza, non é legato ad un tempo preciso, ma alla Vita stessa nel suo continuo rinnovarsi.

Foto piccola:
Abito in georgette di Roberto Capucci
per un recital lirico di Anna Caterina Antonacci

Foto grande in alto:
Abito in taffetas creato da Gianni Versace
per il balletto Malraux ou la metamorphose des dieux di Béjart

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